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Si parla di interdizione in tutti quei casi in cui una persona maggiorenne si trovi in situazione di abituale infermità di mente e sia cioè incapace di provvedere ai propri interessi.
L'interdizione determina una situazione di incapacità legale a compiere atti giuridici identica a quella in cui si trova il minore. Gli atti eventualmente compiuti dall'interdetto saranno pertanto annullabili ad opera del tutore, dello stesso interdetto o dei suoi eredi o aventi causa (art. 427 c.c.).
La domanda per dichiarare l'interdizione può essere presentata solo da determinati soggetti.
Con la sentenza che dichiara l'interdizione viene disposta la nomina un tutore, scelto di preferenza tra il coniuge che non sia separato, il padre, la madre, un figlio maggiorenne o la persona designata con testamento dal genitore superstite, con il compito di rappresentare legalmente l'interdetto e di amministrare il suo patrimonio.
Già nel corso del giudizio per dichiarare l'interdizione, il giudice, se lo ritiene opportuno, può provvedere alla nomina di un tutore provvisorio.
L'istanza per richiedere che venga dichiarata l'interdizione o l'inabilitazione può essere presentata (art. 417 c.c.):
- dal coniuge
- dai parenti entro il quarto grado
- dagli affini entro il secondo grado
- dal tutore
- dal curatore
- dal Pubblico Ministero.
Non può pronunciarsi l'interdizione o l'inabilitazione senza che si sia proceduto all'esame dell'interdicendo o dell'inabilitando (art. 419 c.c.).
Se l’incapacità di agire non comporta un’abituale infermità di mente o non viene richiesta per questioni patrimoniali, invece dell’interdizione si applica l’Inabilitazione o l’Amministrazione di Sostegno.
Vedi anche le voci Inabilitazione e Amministrazione di Sostegno