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L'inabilitazione è una situazione di incapacità giuridica relativa, di minore importanza rispetto all'interdizione.
Essa può essere chiesta in alcune specifiche ipotesi, quando la situazione del soggetto non è così grave da comportare una pronuncia di interdizione.
L'art. 415 del codice civile stabilisce quali sono le persone che possono essere inabilitate:
- il maggiore di età infermo di mente, lo stato del quale non è talmente grave da far luogo all’interdizione;
- coloro che, per prodigalità o per abuso abituale di bevande alcoliche o di stupefacenti, espongono sé o la loro famiglia a gravi pregiudizi economici
- il sordomuto e il cieco dalla nascita o dalla prima infanzia, se non hanno ricevuto un’educazione sufficiente, quando risulta che essi sono del tutto incapaci di provvedere ai propri interessi, salva la possibilità, per i casi più gravi, di ricorrere all'interdizione.
Nel caso di inabilitazione non si ha una vera e propria rappresentanza legale in capo ad un altro soggetto, come accade nel caso del tutore per l'interdetto, ma una forma di assistenza devoluta ad un curatore nominato dal giudice tra gli stessi soggetti indicati dalla legge nel caso di tutela.
Il curatore pertanto non si sostituisce all'inabilitato, ma si limita ad integrare la volontà dell'inabilitato nel compimento degli atti giuridici che lo riguardano.
L'istanza per richiedere che venga dichiarata l'interdizione o l'inabilitazione può essere presentata (art. 417 c.c.):
- dal coniuge
- dai parenti entro il quarto grado
- dagli affini entro il secondo grado
- dal tutore
- dal curatore
- dal Pubblico Ministero.
Non può pronunciarsi l'interdizione o l'inabilitazione senza che si sia proceduto all'esame dell'interdicendo o dell'inabilitando (art. 419 c.c.).
Vedi anche le voci Interdizione e Amministrazione di Sostegno